di Fabio Geda
È la mia prima visita al campo. Parto con Arianna e Paolo. I giorni prima leggo molto per capire dove sto andando. Incappo in diversi appelli dell’Unhcr che chiede che il mondo non si scordi dei rifugiati e degli sfollati siriani a undici anni dall’inizio del conflitto. Scopro che la Siria è la più grave crisi mondiale per numero di persone costrette alla fuga. Oltre 13 milioni di anziani, donne e bambini sono fuggiti dal paese o sono sfollati all’interno dei suoi confini. I paesi limitrofi hanno accolto 6 milioni di rifugiati e oltre metà si trovano in Turchia, nelle periferie delle città o in luoghi come il campo spontaneo di cui SSCh si prende cura da anni.
Ecco, una cosa che mi piace è la lucidità con cui SSCh, sapendo di non poter aiutare tutti, ha scelto di aiutare qualcuno. La caparbietà con cui si fa carico di questa tendopoli (6000 persone di cui 4000 minori) crescendo di anno in anno nella competenza e intervenendo in modo sempre più preciso ed efficace. Ha scelto un pezzo di mondo e prova a renderlo migliore con una pragmaticità che mi convince. Cosa voglio dire? Che è consapevole di non possedere bacchette magiche. E si sa che la gente ha più voglia di intervenire quando l’obiettivo è risolvere il problema in modo definitivo, portare via qualcuno dal degrado per sempre, e meno voglia di sbattersi quando c’è da stare nel degrado accanto a chi soffre, accontentandosi di ridurre la sofferenza perché eliminarla non è possibile. Per fare questo ci vuole coraggio. E ci vuole saggezza.
Al campo c’è moltissimo da fare. Fra le tende si cammina attorniati da bambine e bambini: alcuni ti scrutano ronzando a distanza, altri si accodano, alcuni ti prendono per mano. I preadolescenti cercano attenzione con lo sguardo, e quando lo agganci c’è chi regge e chi lo abbassa. Gli adolescenti sono già uomini e le adolescenti scompaiono alla vista, come quasi tutte le donne. Paolo Messina cerca di raccontare per immagini la complessità del campo: uomini, anziani, ambienti, ma è inevitabile che davanti all’obiettivo, in modo particolare, ci caschino i bambini. Che poi sono quelli che ti fanno rendere conto della disastrosa situazione igienica dell’area: le latrine improvvisate, la monnezza ovunque, i vetri rotti tra la sabbia dove corrono scalzi. Più terribile del vivere in condizioni indegne è forse il fatto di non accorgersene, ed è straziante rendersi conto che al campo c’è chi ha smesso di farlo.
Mi porto via una scena in particolare: Azouf, 13 anni, ci insegue per due giorni per portarci nella sua tenda, dove vive con la sorella e il padre, un uomo anziano e malato. Finalmente troviamo il tempo di seguirlo. Mentre il padre, attraverso Yahya, l’interprete, ci chiede aiuto, Azouf cerca di farci il tè. A un certo punto va in ansia perché l’acqua fatica a bollire. Gli diciamo di non preoccuparsi, di lasciar stare. Lui insiste. E quando alla fine ce lo porta irradia orgoglio ovunque.
Trascorriamo molto tempo nelle due scuole del campo, quelle che SSCh chiama tende arcobaleno. Ragazze e ragazzi le frequentano alcune ore a settimana, quando non sono al lavoro nelle aziende agricole della zona dove ovviamente vengono sfruttati senza ritegno. Non frequentano scuole turche principalmente per due motivi: perché hanno bisogno di quei pochi soldi che guadagnano e perché spesso le scuole turche non li accolgono. Assisto a un incontro a distanza con una scuola di Torino e alla lezione di inglese che Chiara tiene in collegamento da San Diego. Se il campo non può muoversi, il mondo entra nel campo. E magari loro, uno di questi preadolescenti, di questi bambini, troverà la forza, un giorno di affrancarsi, di andarsene, di partire alla conquista di una vita differente. Ecco, loro magari sì.
Rientrato a Torino, ho parlato per giorni a chiunque di questa esperienza. Quando ho smesso di parlarne ho iniziato a sognarla. Facce e luoghi venivano a farmi visita la notte. A luglio, a tornare sarò io. Di nuovo con Arianna e Paolo, ma questa volta ci saranno anche Anna, medico, e Pep, infermiere. Seguite SSCh sulle reti sociali per restare informati.