Missione di svolta quella di ottobre.
Al campo si sono creati nuovi equilibri, nuove sinergie e se ne sono indeboliti alcuni.
Nulla di grave, l’importante è rimanere saldi quando sembra tutto sfuggirti dalle mani.
Da sempre puntiamo sul costruire una comunità e darle consapevolezza e speranza. Strumenti per affrontare il domani incerto. Ai bambini soprattutto.
Ma anche a tutti quegli adulti a cui la vita ha insegnato solo a sopravvivere, a qualunque costo.
Le distribuzioni di cibo, degli alimenti per l’infanzia come il latte in polvere, i sostegni agli orfani e alle famiglie fragili, le cure per gli ammalati, le verifiche dei pozzi, le attività della tenda scuola, l’ascolto, la condivisione e la vicinanza sono stati, come sempre, il fulcro del nostro operato in quell’immensa distesa di tende e stracci che è il campo spontaneo che supportiamo.
Poi ci siamo spostati in Siria e abbiamo visitato la piccola clinica pediatrica che da novembre ci vedrà impegnati nel suo sostentamento, ci faremo carico di tutto. Dalla struttura, al personale medico, ai farmaci. Tutto, e tutto ha un costo.
Siamo andati a vedere la situazione nell’area fuori Aleppo e quello che i nostri occhi hanno visto è sempre e solo una catastrofe umanitaria senza precedenti.
La Siria è una distesa di tende e sono completamente assenti infrastrutture e servizi.
Stiamo cercando di capire se sarà possibile aprire un progetto in un campo profughi scoperto, cioè dove , attualmente, nessuno opera.
Crediamo fermamente di poterlo seguire di persona con le stesse modalità adottate fino ad ora e questo ci fa paura ma anche inorgoglisce perché le scelte ponderate su progetti e collaboratori ci hanno portato consapevolezza ed autorevolezza.